IL MONELLO – Di C. Chaplin
In un cinema che comincia ad essere standardizzato nel linguaggio, il genio di Charlie Chaplin realizza il suo primo capolavoro. Passando dal corto al lungometraggio trova una poetica che delinea quelle che saranno sempre le sue scelte; forse anche politiche. Gira un film che, a quasi cento anni dal suo primo ciak, non perde niente del suo valore artistico.
LA STORIA
Sedotta e abbandonata, una giovane ragazza, partorisce un bambino che non sa come allevare. Abbandonatolo in un’auto lussuosa, nella speranza che i ricchi proprietari gli offrano un futuro migliore, scappa. Due ladri rubano l’auto, abbandonando il piccolo in un quartiere povero. Charlot lo trova, e, cercando senza successo di liberarsene, finirà con l’affezionarsi al pupo. Si occuperà di lui facendone il suo ‘assistente’ e lottando per riaverlo quando i servizi sociali cercheranno di sottrarglielo. Alla fine la madre, divenuta nel frattempo una ricca artista, ritroverà il figlio ed accoglierà Charlot.
CHARLOT E IL MONELLO
“The Tramp”, il vagabondo, o “Charlot” in Italia, è il più celebre e rappresentativo dei personaggi di Chaplin. Lo descrisse così: “All’inizio lo consideravo soltanto una figura satirica. Nella mia mente, i suoi indescrivibili pantaloni rappresentavano una rivolta contro le convenzioni, i suoi baffi la vanità dell’uomo, il cappello e il bastone erano tentativi di dignità, e i suoi scarponi gli impedimenti che lo intralciavano sempre”. Ma nel corso degli anni diventò un magnifico interprete dei sentimenti del regista. La figura del monello: una figura umana non inconsueta nelle realtà sociali degradate di tutto il mondo dell’epoca, ma anche attuale. Per Charlot nel film, è un aiutante e la famiglia. Per Chaplin è il simbolo ed il mezzo della parte positiva dell’umanità. Oltre le apparenze e le convenzioni.
VITA DI UN FENOMENO
Nomade, come molti altri artisti, Charles Spencer Chaplin nacque in Gran Bretagna nel 1889 e morì in Svizzera nel 1977. Visse perlopiù negli USA, ma dal paese della libertà venne cacciato negli anni ’50 per le sue idee politiche, peraltro mai dichiarate espressamente. Amò la vita come pochi altri: viaggiando, girando corto e lungometraggi. Descrivendo, con le sue pellicole, quelle che gli apparivano come le follie e le ingiustizie del mondo e del ‘900. Sposato tre volte ebbe complessivamente 11 figli. Nel ’75 venne onorato nella natia Gran Bretagna che lo volle Cavaliere dell’Impero. Riconciliato con gli States, l’Academy, oltre a tre Oscar, gli tributò la più lunga ovazione nella storia del cinema. Una bella soddisfazione per uno che non aveva nemmeno mai chiesto la cittadinanza.
ALLA FINE
Il film è una pietra miliare della cinematografia, ma in questo caso per questioni poetiche più che tecniche. Il valore dato dalla dolcezza di Charlot, anche nel sogno di una realtà migliore. L’intensità emotiva del monello, della sofferenza della madre, sono validi oggi come allora. Rivelarono al mondo la capacità del britannico di mantenere vigore e tono anche in un lungometraggio. E’ un film altamente consigliabile perché è sia compiuto nella tecnica e nel linguaggio che nel senso della storia e nella gradevolezza di visione. Dal punto di vista tecnico Chaplin sarà molto più innovativo ne “La donna di Parigi“, dove chiederà ai suoi attori una recitazione naturale che esalterà la drammaticità dell’opera.
JA
[COPYRIGHT IMMAGINI]: “The Kid”, Charlie Chaplin – USA, 1921
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