THE BIRTH OF A NATION
Dall’Italia all’America. “The birth of a nation”, ma anche “Intolerance“. Griffith gira uno di fila all’altro due capolavori. Rendendo evidente quanto le immagini in movimento, inventate solo vent’anni prima, siano universali. Anche ammettendo, senza problemi di sorta, il suo debito intellettuale con Pastrone ed il suo “Cabiria”. Sottolineando con forza l’importanza del montaggio e delle inquadrature.
LA STORIA
“The birth of a nation” è ambientato ai tempi della guerra di secessione. Narra, in due parti, della nascita dei moderni Stati Uniti attraverso la storia di due famiglie. Gli Stoneman, unionisti, sono legati da amicizia ai Cameron, confederati. Le divisioni del paese e la guerra porteranno i figli a combattere sui fronti avversi. Finita la guerra Austin Stoneman chiede inutilmente a Lincoln di punire il sud. Inizia così la ricostruzione del paese, non senza problemi. Il presidente Lincoln viene assassinato e negli ex stati confederati nascono tumulti. I neri imperversano in un crescendo di furia vendicativa nei confronti dei bianchi. Ben Cameron rifonda, con l’intento di difendere i bianchi dai soprusi dei neri, il Ku Klux Klan. La storia si conclude, dopo il suicidio di Flora Cameron e il rapimento di Elsie Stoneman, con il matrimonio tra Ben ed Elsie e con una festosa parata del KKK.
IL SUCCESSO E LE CONTROVERSIE
Al botteghino il film ebbe un successo strepitoso. Incassò oltre 10 milioni di dollari contro i già ragguardevoli 110.000 che erano stati spesi per produrlo. Il punto dolente è che tutto questo successo è anche figlio delle molte proteste che suscitò. L’associazione per il progresso della gente di colore, i liberali americani e molti giornali criticarono le tesi razziste della pellicola. Ci furono manifestazioni per le strade contro il film, che purtroppo portarono con sé anche molti morti. Griffith descrisse il KKK come il salvatore degli stati del sud dalla furia vendicativa dei neri. In pratica la tesi del film era che solo i bianchi erano portatori di equità e giustizia. Griffith provò a difendersi pubblicando un pamphlet con cui si appellava al diritto di esprimere liberamente le proprie opinioni politiche. Molto più convincente come autodifesa fu il suo successivo film: “Intolerance”, con il quale condanna la violenza e l’intolleranza.
LA TECNICA
Il film ha l’onore di essere la prima opera cinematografica pienamente narrativa, ma non è il solo primato che vanta. Griffith infatti, con questo film, effettua una vera rivoluzione: utilizzando le inquadrature in funzione della storia raccontata. Storia resa ancora più viva dall’invenzione del Montaggio Analitico. Non canonizza, ma di fatto usa, quello che poi sarà chiamato il Piano Americano: un’inquadratura che va da metà della coscia fino a tutta la testa. Inventa il Close Up, o meglio, ne fa, a differenza di alcuni suoi predecessori, un uso funzionale. Movimenta il film tramite una notevole varietà di piani e dall’uso ampio, e di sua invenzione, dei raccordi tra le inquadrature.
TIRANDO LE SOMME
“The birth of a nation” è stato per Griffith quello che si dice una croce e una delizia. Croce, perché lo ha esposto a critiche e contestazioni, perché da lì in poi la sua carriera è stata difficile e la sua vita tormentata. Delizia perché gli ha regalato gloria imperitura. Delizia perché ha gettato le basi del cinema classico, non a caso Griffith ne è considerato il padre. Delizia perché ha creato un vero e proprio linguaggio, una grammatica del cinema. Un film che, pur con tutti i suoi limiti, ha senso rivedere: anche solo per capire dove e perché nasce tutto quello che ne seguirà!
JA
[COPYRIGHT IMMAGINI]: “NASCITA DI UNA NAZIONE“, D.W. GRIFFITH – USA, 1915
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